Archive for novembre 2008

Ego me absolvo

sabato 29 novembre 2008 § 0

Alcuni individui hanno una considerazione talmente alta di sé che, nel caso subiscano un torto, preferiscono giustificare il proprio simile piuttosto che ammettere di essersi sbagliati sul conto di quest’ultimo.
Una tale ammissione comporterebbe la limitazione della stima che si ha verso se stessi e la propria capacità analitica. Di conseguenza si preferisce costruire cattedrali di giustificazioni senza fondamento, piuttosto che ammettere la propria fallacia.
L’uomo, a riscatto del proprio ego, paga spesso a caro prezzo la considerazione che ha di se stesso.

Rumours

venerdì 28 novembre 2008 § 0

Ci sono persone che dicono degli altri ciò che pensano gli altri dicano di loro.
E ci sono persone che dicono degli altri ciò che vorrebbero gli altri dicessero di loro.
In entrambi i casi, l’errore sta nel crederci.


System Error

giovedì 27 novembre 2008 § 0

Si è sempre giustamente spaventati dal dolore, eppure non si fa nulla per evitarlo. Ci si imbarca in occorrenze che lasciano prospettare sofferenze dall’inevitabilità dei temporali estivi, presumendo che basti un ombrello per proteggersi, quando poi ci si ritrova bagnati e febbricitanti a chiedersi, increduli, cosa sia successo.
I postumi sono duri a sparire, lasciano un ricordo pericoloso, piaghe in suppurazione che prendono consistenza callosa col trascorrere del tempo. La metodica dell’imparare dai propri errori non aiuta.
Gli errori si ripetono con insistenza. Per quanto si possano concepire archetipi e tipologie di comportamento, resterà sempre l’illusione di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso anche solo per un piccolissimo particolare, che sarà comunque poca cosa rispetto al quadro generale. Nonostante ciò, quel piccolissimo particolare non servirà a lasciar intendere la pericolosità dell’avvenimento, che riuscirà a farsi beffa dell’esperienza e ad avere partita vinta.
A conti fatti, l'esperienza sembra avere la consistenza di una solfatara: un po’ stagnante, disdicevole e fastidiosa.
Un fetore biologico dal quale si stenta a liberarsi.


A ciascuno il suo

sabato 22 novembre 2008 § 0

Il senso di appartenenza dovrebbe essere condizione auspicabile da parte di tutti. Il sentirsi parte di qualcosa, qualunque essa sia, comporterebbe forse una presa di coscienza salutare e una capacità analitica nei confronti del mondo e delle cose del mondo decisamente piú razionale.
Il procedere a vento, in base a sentimenti personalissimi e il piú delle volte totalmente errati, comporta l’equivalente perdita di sostanza nel ragionamento e nella pratica.
Non si vuol dire che pensare con la propria testa sia sbagliato. Si dice semplicemente che un Sistema funge da appiglio metodologico laddove vengano meno puntelli concettuali.
Nell’epoca moderna, si sa, non esistono piú Sistemi e ogni individuo si sente legittimato a crearsi un sistema che, in nome di un certo relativismo di bassa lega, pretende di assurgere, se non a condivisibile opinione, quantomeno a soggetto degno di rispetto.
Lo sradicamento ideologico comporta un difficile posizionamento nei confronti del mondo. Le spiegazioni cominciano a essere molteplici e discernere la bontà dell’una dall’altra è praticamente impossibile.
Di conseguenza si ha un moltiplicarsi di individualismi decisamente orripilanti, vuoti, inutili e deboli. Ogni sistema di valori, individualmente creato e al quale si affida la propria esistenza, pretende per se stesso la non sottomissione a qualsivoglia critica.
Diretta conseguenza di questo stato di cose è la chiusura dell’individuo in un orto fatto di libertà personale che nulla concede alla pratica della socialità.
Per meglio spiegarsi, concedere una relativa libertà all’altro nel nome del rispetto che si chiede per la propria non vuol dire ergersi a paladini della democrazia e del liberalismo. Vuol dire invece abbandonare il confronto nel nome di una richiesta di indipendenza dal giudizio altrui.


Dandy

giovedì 20 novembre 2008 § 0

Un’autocoscienza aristocratica e consapevole non è buona cosa: non permette nemmeno la patetica consolazione del vittimismo.
La logica ferrea, unitamente alle trascorse esperienze, ti dice che tutto passerà per tutti, prima o poi.
Il gretto utilitarismo ti suggerisce la sana idea che soffrire non serve. Soprattutto se non si è un artista e quindi non si può convogliare la sofferenza nei canali dell’intuizione estetica producendo sonetti, canzoni, quadri o similia.
Insomma, ci tocca da un lato il palese malessere dell’abbandono e del senso di finitezza, dall’altro la certezza che ogni cosa, compreso il malessere, ha un suo limite nel tempo e nello spazio.
Nella contraddizione non v’è sintesi che non sia artificiosa. Di conseguenza non resta che farsi artisti, creare e vendere, spacciando il tutto per naturalistiche trance de vie.
La sofferenza si è sempre smerciata bene.
Ogni cosa è un prodotto. La differenza la fa la pubblicità.


Crux et Verbum

mercoledì 19 novembre 2008 § 0

La religione è un cruciverba con la soluzione a fondo pagina. Nei momenti di difficoltà, trovare una risposta è semplice.
Certo, il piú delle volte conciliare l’immanente con il trascendente è cosa non facile. Ma la speranza che nutre la maggior parte delle religioni fa sí che la sintesi fra i due sia comunque un male accettabile.
Avere fede non vuol certo dire, in alcuni casi, non porsi domande. Cosí come credere nell’aldilà non necessariamente comporta un rifiuto dell’aldiqua. Ma è incontestabile il fatto che di fronte all’assenza di una risposta concreta e secolare, un fine ultimo comunque lo si trovi.
Quel fine che pone un obiettivo nell’oltre, un qualcosa di ulteriore e di eterno e non-finito, è solo la volontà dell’uomo che si ostina a non accettare che il fine e la fine coincidano inesorabilmente.
È il senso che tutti cercano di dare ad una vita che non si accetti termini nel nulla.
Da questo punto di vista, la religione è di una noia mortale.