Dandy

giovedì 20 novembre 2008 § 0

Un’autocoscienza aristocratica e consapevole non è buona cosa: non permette nemmeno la patetica consolazione del vittimismo.
La logica ferrea, unitamente alle trascorse esperienze, ti dice che tutto passerà per tutti, prima o poi.
Il gretto utilitarismo ti suggerisce la sana idea che soffrire non serve. Soprattutto se non si è un artista e quindi non si può convogliare la sofferenza nei canali dell’intuizione estetica producendo sonetti, canzoni, quadri o similia.
Insomma, ci tocca da un lato il palese malessere dell’abbandono e del senso di finitezza, dall’altro la certezza che ogni cosa, compreso il malessere, ha un suo limite nel tempo e nello spazio.
Nella contraddizione non v’è sintesi che non sia artificiosa. Di conseguenza non resta che farsi artisti, creare e vendere, spacciando il tutto per naturalistiche trance de vie.
La sofferenza si è sempre smerciata bene.
Ogni cosa è un prodotto. La differenza la fa la pubblicità.


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