Archive for giugno 2007

Nihil

martedì 12 giugno 2007 § 0

Non v’è discorso che tenga, una volta approdati al nulla.
Il nichilismo è una forma mentis indubbiamente affascinante ma anche controproducente. Chiarifica l’inutilità di qualsiasi esistenza, la mancanza assoluta e reale di senso. Il passo successivo è difficile da compiere, se non impossibile.
Un suicidio, per essere accettabile, dovrebbe essere coscienzioso e inevitabile. Non già mosso da un raptus, non influenzato da piú o meno lecite depressioni, non spinto da delusioni guaribili nel tempo.
Dovrebbe essere coscienzioso, e cioè riflettuto, pensato e analizzato. Compreso nelle sue parti, amato nella sua radicalità.
E dovrebbe essere inevitabile, non presentare vie di fuga, alternative, possibilità altre.
Un suicidio potrà essere tale – coscienzioso e inevitabile – solo a patto che si restringa il campo di azione, che la visuale si riduca a poche occorrenze ritenute fondamentali e inalienabili. L’impossibilità dell’atto vive nell’impossibilità delle realizzabilità delle sue stesse condizioni: il campo d’azione non potrà mai restringersi, la visuale mai ridursi. E questo perché l’essere umano è volgarmente un essere superficiale.
Il paradosso è nel fatto che l’uomo ha abdicato all’Uno per piegarsi al tutto. Non si abbraccerà mai una sola idea, non si vivrà mai per un solo motivo, non si dedicherà mai la propria esistenza all’inappellabilità di un credo unico.
La salvezza è nell’amplesso consolatorio e fintamente progressista al tutto, nel coltivare speranze basse di riuscita, nello scavarsi una nicchia esistenziale dove adagiarsi fino all’uscita di scena, sperando nell’eccesso e accontentandosi del minimo.


Ego[t]ismo

lunedì 11 giugno 2007 § 0

Un minimo di comprensione e l’abbandono del proprio ego sarebbero cose auspicabili nei rapporti interpersonali.
La reiterata – ed abusata – espressione «sono fatto cosí» ha un che di accondiscendente arrendevolezza.
Un modo per non impelagarsi in quelle che potrebbero apparire situazioni irragionevoli e complesse e che, invece, non sono altro che un terreno comune di condivisione e crescita.
La rinuncia a mettersi in gioco appare a stento come un aristocratico disprezzo dell’altro, e assume piú i contorni di un terror vacui di fronte al timore del giudizio altrui. È la resa incondizionata di fronte alle inevitabili difficoltà di qualsiasi relazione che si nasconde dietro una richiesta di prona accettazione. Lasciare agli altri la facoltà di scegliere se amarci o odiarci tout court è molto piú semplice che complicarsi la vita con compromessi che hanno di certo piú dignità di quanto il senso comune non assegni loro.


Libertà?

domenica 10 giugno 2007 § 0

Ogni uomo, in linea di massima, è libero di scegliere: ciò che gli aggrada, ciò che gli piace, ciò che vuole. Ma ogni uomo è anche libero di scegliere ciò che non gli aggrada, non gli piace, non vuole. Per il semplice fatto che «gli va» di scegliere.
Le possibilità offerte sono molteplici, varie. Miriadi di occorrenze che non aspettano altro che qualcuno allunghi la mano e le afferri.
Ma la possibilità illimitata di scegliere tutto e subito porta in nuce un fondo di pochezza.
La libertà di poter scegliere tutto e subito conduce ad un appiattimento della scelta stessa. Nessuna responsabilità, nessun impegno, nessun dolore. Tutte le cose sono intercambiabili per il semplice fatto che sono tutte lí davanti.
Alla base di ogni scelta c’è la possibilità della revoca. Si può indossare un vestito sapendo di poterlo smettere quando si vuole. Si possono fumare sigarette sapendo di poterle cambiare quando si vuole. Si può scegliere un partner sapendo di poterlo sostituire quando si vuole.
Tutto l’impegno profuso in una scelta non è altro che apparenza, superficie. Si muove su un piano orizzontale e non verticale, per il semplice fatto che, a livello piú o meno consapevole, agisce la possibilità della revoca. Dal momento in cui «tutto può succedere», niente piú ha importanza che accada.
Tutto è suscettibile di cancellazione.
In questo modo viene meno la possibilità di stabilire differenze di valore fra le cose.
Essere liberi di scegliere tutto e subito vuol dire non esserlo affatto. Equivale ad abdicare alla responsabilità dell’impegno che qualsiasi scelta comporta. Sanare contraddizioni con il nastro adesivo.
La languida consolazione del «poter tornare sui propri passi» maschera la viltà del disimpegno con il nome Libertà.


Destiny

sabato 9 giugno 2007 § 0

La formazione del sé passa attraverso una serie di scelte, l’imboccare strade precise in momenti precisi. È in quei frangenti che l’individuo prende coscienza delle proprie possibilità e delle proprie capacità. Che si autodetermina in quanto persona. In quest’ottica, che si sia guidati da un destino piú o meno già scritto non cambia le cose.
Gli uomini non sapranno mai se ciò che fanno sia fatto per propria volontà o perché a scegliere sia stato il destino. In tal caso, non conta sapere. Quel che conta è credere in una libertà che può essere anche solo un’illusione.
Di fronte al dubbio della sorte, l’ignoranza è la piú liberatoria delle risposte.


Special Price

venerdì 8 giugno 2007 § 0

Spesso l’uomo sembra piú propenso a crogiolarsi nel ricordo nostalgico di una storia passata che tendere lo sguardo al futuro.
Sarà il piacere, vagamente masochista, che si prova nel sentirsi feriti e disillusi, come se la cosa portasse un surplus di fascino e interesse alla propria vita. Cosicché ci si sente ammantati da un’aura di fugace decadentismo, una propensione dell’anima ferma fra la vita e il rigor mortis.
Probabilmente, il tutto è dovuto ad un’assenza nel presente di prospettiva e fertile propositività. L’occasione mancata ¬– il passato certo e definito – viene caricata di aspettative a posteriori, come se quella fosse l’unica cosa che avrebbe potuto render felice e piacevole l’intera esistenza.
Sarà che spesso le cose non si vivono in pienezza, e, quando vengon meno, è quello scarto che le sublima a perfezione inattuata. Bisognerebbe fors’anche adeguarsi al pensiero che i rapporti umani sono passaggi da un’imperfezione all’altra e che la perfezione è qualcosa che non si trova ma si costruisce.
Purtroppo l’uomo è malato di pigrizia intellettuale e accidia sentimentale: costruire è faticoso, e richiede tempo.
Meglio, allora, pensare di aver perso un’occasione nel discount dell’esistenza.


Il diavolo in corpo

mercoledì 6 giugno 2007 § 0

Al mondo non c’è nulla di inumano.
Definire qualcosa inumano vuol dire tentare di esiliarla da ciò che si presume sia caratteristica peculiare dell’uomo, la tendenza al bene. È un maldestro tentativo di escludere l’orrore dall’orizzonte quotidiano, rinchiudendolo in una categoria di diversità, la cui qualità fondante sarebbe estranea quanto diversa da quelle comunemente riconosciute all’uomo.
Alla base c’è l’erronea credenza che l’essere umano, in quanto essere razionale in grado di discernere fra bene e male, sia di natura portato al bene. Ma quest’ultimo è solo una possibilità fra due. La malvagità è umana tanto quanto la benevolenza, in quanto è anch’essa una scelta.
Dittatori, aguzzini, stupratori, omicidi non sono uomini che esulano dall’umano per farsi inumani. Esprimono solo una declinazione diversa della stessa umanità.
Scegliere il male vuol dire scegliersi in quanto uomini e praticare ugualmente l’umanità.


Brevi appunti per un discorso sull'amore di là da venire

martedì 5 giugno 2007 § 0

L’amore vive di una contraddizione insolubile.
In quanto fenomeno oggettivo dovrebbe essere suscettibile di analisi e interpretazione; in quanto soggettivo nelle modalità d’esplicazione, diviene però ininterpretabile risultando impossibile una reductio ad unum che ne faciliti l’ermeneutica.
La contraddizione, che ne è parimenti il fascino, muove su questa duplicità. L’amore è un monstrum che si afferma e nello stesso tempo si nega.
È nominabile, ma non predicabile.


Noli me tangere

lunedì 4 giugno 2007 § 0


L'indifferenza che si ostenta nei confronti del giudizio altrui sul proprio conto cela goffamente il timore di sapere che gli altri abbiano ragione nel pensar male.