Archive for 2008

Place to be

giovedì 18 dicembre 2008 § 0

Si vive fra due estremi: la ricerca di un qualcosa che sembra essere sempre altrove, e il fatto che tutto prima o poi si familiarizzi.
Se si è fortunati, si riesce a trovare ciò che si cerca prima che il contorno si assesti nell’ordinario.
Oppure, ci si sforza di riconosce in quella familiarità ciò che si stava cercando.
Altrimenti, continuano ad essere cazzi.

Pinocchio

martedì 16 dicembre 2008 § 0

L’uomo è l’unico animale che ha sviluppato un linguaggio verbale complesso e articolato. In virtú di questa capacità, non solo è riuscito a descrivere ed eplorare il mondo ma anche ad inventarne di nuovi, impossibili e fantastici, sfruttando una capacità insita nel linguaggio stesso, cioè quella di mentire e falsificare. Di dire altro da ciò che è, o anche si vorrebbe.
Una possibilità, quest’ultima, fatta propria dalla letteratura che, come scrisse Manganelli, è anche – e forse soprattutto – menzogna. Una menzogna di cui si è coscienti come autori e lettori, fratelli e ipocriti entrambi, e quindi virtualmente generatori di infinite possibilità falsificatorie.
La parola, attraverso la connotazione di senso, assume funzioni sintagmatiche plurime e si fa paradigma del sottinteso. Ammicca, si veste d’altro, si trasforma, strizza l’occhio.
La progressione sintattica, sistema ordinatrice di un codice, non elimina il fattore spurio, l’«eccezione» alla regola: l’ordine formale accetta, e moltiplica, il virus concettuale. Lo accoglie e lo alleva.
La parola vive un’anarchia all’interno di uno stato di diritto, e si fa, da sempre, interpretabile, espressione di una semantica plurima che non dice solo di se stessa ma anche di altro.

Estinzioni

sabato 13 dicembre 2008 § 1

Per Pasolini la «scomparsa delle lucciole» è stato emblema di un passaggio epocale che riguardava la natura del regime democristiano postbellico.
Circa quindici anni fa, pipistrelli e cani randagi hanno cominciato a sparire dal mio paese.
Non so se ciò possa essere emblema del passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica.
Certo è che al prossimo animale che sparisce comincio a grattarmi.

Tutto passa, forse

venerdì 12 dicembre 2008 § 1

Si dice che il tempo sistemi le cose.
Già, ma non dice mai dove le mette.
E ritrovarsele addosso, d’improvviso, è un niente.
Il tempo, più che un brechtiano galantuomo, è un magazziniere in vena di scherzi.

Cosí vanno le cose, cosí devono andare

giovedì 11 dicembre 2008 § 0

Il fatto che le cose semplicemente accadano è il meno facilmente accettabile per gli esseri umani, i quali si ostinano a voler cercare una spiegazione a qualsivoglia avvenimento, delegando a Dio, al Destino, al Caso o alla Coincidenza il merito o il demerito di aver dato vita a quella determinata situazione.
Le cose accadano perché devono accadere. Il loro presentarsi è misura del loro essere.
Non esistono fattori esterni che giustificano l’avvenire di un accadimento, tutt’al più possono esserci fattori che determinano le condizioni affinché avvenga qualcosa.
Niente e nessuno fa che le cose accadano.

Dio non c’è

lunedì 8 dicembre 2008 § 0

Paradossalmente, Dio pacifica e concilia in assenza, quando non è lessicalmente presente in una discussione. Persone di diverso credo religioso possono tranquillamente condurre una conversazione sui piú svarianti argomenti, fin tanto che non entra in gioco Dio. A questo punto le posizioni si irrigidiscono e non è inusuale che dal dialogo si passi allo scontro .
In realtà, il piú delle volte, non entra in gioco Dio, ma «l’idea» che si ha di Dio.
E qui l’uomo mostra la sua pochezza: predica un entità assoluta, onnipotente e inconoscibile razionalmente e ha poi la presunzione non solo di qualificarla in un dato senso ma anche di voler essere nel giusto a riguardo.

Appunti per una fenomenologia depersonalizzata dell’amore non corrisposto

venerdì 5 dicembre 2008 § 1

Poche cose sono imbarazzanti come un amore non corrisposto. In tal caso, l’oggetto d’amore diventa qualcosa di fragile alle pulsioni, colmo di un disagio il piú delle volte malcelato. Inoltre modifica il proprio atteggiamento, diventa sfuggente, silenzioso. Procede per ammiccamenti, litoti ed eufemismi, temendo che qualsiasi tipo di chiarezza espositiva possa rinforzare quel sentimento che lui rifiuta e presumendo che l’ambiguità del «lasciar intendere» sia funzionale a una comprensione dell’accaduto da parte del soggetto.
Quest’ultimo, poi, continua a desiderare parole e atti che non arriveranno, macerandosi alla vista di un gesto rivolto ad altri, bruciando nell’ascoltare parole rivolte a terzi, restando, in tutto ciò, totalmente passivo, incapace di agire, di essere propositivo e vivendo nel rimorso di aver detto, di aver parlato troppo e troppo essersi scoperto. Dopo aver mostrato le armi, le depone. E resta indifeso di fronte agli attacchi inconsapevolmente sferrati dall’altro.
Al peggio, un innamorato non capirà mai che qualche cosa sia fatta per il suo bene se l’unico bene che riconosce è quell’oggetto che si nega e, negandosi, lo uccide.

Beautycase

giovedì 4 dicembre 2008 § 0

La bellezza non oltrepassa mai se stessa.
Vive dell’attimo della scoperta, e dopo si smarrisce e perisce. È un vicolo cieco di ammirazione, un’armonia ripetitiva e monotona alla quale ci si abitua presto. Una volta contemplata, si esaurisce.
Non vi è quasi nulla di più etimologicamente effimero della bellezza.

Due e non piú di due

mercoledì 3 dicembre 2008 § 2

Ognuno ha il suo doppio storico. Una sorta di figura auerbachiana in compresenza, che non rimanda e non prefigura, ma che contempla e agisce.
Il doppio è presenza dell’altro in uno. O dell’uno nell’altro. Che è sempre sé.
Una dissociazione divina. Dogma pagano e manicheo.
Il caleidoscopisco prisma della personalità è un’emerita cazzata.
Due è piú che sufficiente ed ha il pregio di non essere un numero perfetto.

Ego me absolvo

sabato 29 novembre 2008 § 0

Alcuni individui hanno una considerazione talmente alta di sé che, nel caso subiscano un torto, preferiscono giustificare il proprio simile piuttosto che ammettere di essersi sbagliati sul conto di quest’ultimo.
Una tale ammissione comporterebbe la limitazione della stima che si ha verso se stessi e la propria capacità analitica. Di conseguenza si preferisce costruire cattedrali di giustificazioni senza fondamento, piuttosto che ammettere la propria fallacia.
L’uomo, a riscatto del proprio ego, paga spesso a caro prezzo la considerazione che ha di se stesso.

Rumours

venerdì 28 novembre 2008 § 0

Ci sono persone che dicono degli altri ciò che pensano gli altri dicano di loro.
E ci sono persone che dicono degli altri ciò che vorrebbero gli altri dicessero di loro.
In entrambi i casi, l’errore sta nel crederci.


System Error

giovedì 27 novembre 2008 § 0

Si è sempre giustamente spaventati dal dolore, eppure non si fa nulla per evitarlo. Ci si imbarca in occorrenze che lasciano prospettare sofferenze dall’inevitabilità dei temporali estivi, presumendo che basti un ombrello per proteggersi, quando poi ci si ritrova bagnati e febbricitanti a chiedersi, increduli, cosa sia successo.
I postumi sono duri a sparire, lasciano un ricordo pericoloso, piaghe in suppurazione che prendono consistenza callosa col trascorrere del tempo. La metodica dell’imparare dai propri errori non aiuta.
Gli errori si ripetono con insistenza. Per quanto si possano concepire archetipi e tipologie di comportamento, resterà sempre l’illusione di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso anche solo per un piccolissimo particolare, che sarà comunque poca cosa rispetto al quadro generale. Nonostante ciò, quel piccolissimo particolare non servirà a lasciar intendere la pericolosità dell’avvenimento, che riuscirà a farsi beffa dell’esperienza e ad avere partita vinta.
A conti fatti, l'esperienza sembra avere la consistenza di una solfatara: un po’ stagnante, disdicevole e fastidiosa.
Un fetore biologico dal quale si stenta a liberarsi.


A ciascuno il suo

sabato 22 novembre 2008 § 0

Il senso di appartenenza dovrebbe essere condizione auspicabile da parte di tutti. Il sentirsi parte di qualcosa, qualunque essa sia, comporterebbe forse una presa di coscienza salutare e una capacità analitica nei confronti del mondo e delle cose del mondo decisamente piú razionale.
Il procedere a vento, in base a sentimenti personalissimi e il piú delle volte totalmente errati, comporta l’equivalente perdita di sostanza nel ragionamento e nella pratica.
Non si vuol dire che pensare con la propria testa sia sbagliato. Si dice semplicemente che un Sistema funge da appiglio metodologico laddove vengano meno puntelli concettuali.
Nell’epoca moderna, si sa, non esistono piú Sistemi e ogni individuo si sente legittimato a crearsi un sistema che, in nome di un certo relativismo di bassa lega, pretende di assurgere, se non a condivisibile opinione, quantomeno a soggetto degno di rispetto.
Lo sradicamento ideologico comporta un difficile posizionamento nei confronti del mondo. Le spiegazioni cominciano a essere molteplici e discernere la bontà dell’una dall’altra è praticamente impossibile.
Di conseguenza si ha un moltiplicarsi di individualismi decisamente orripilanti, vuoti, inutili e deboli. Ogni sistema di valori, individualmente creato e al quale si affida la propria esistenza, pretende per se stesso la non sottomissione a qualsivoglia critica.
Diretta conseguenza di questo stato di cose è la chiusura dell’individuo in un orto fatto di libertà personale che nulla concede alla pratica della socialità.
Per meglio spiegarsi, concedere una relativa libertà all’altro nel nome del rispetto che si chiede per la propria non vuol dire ergersi a paladini della democrazia e del liberalismo. Vuol dire invece abbandonare il confronto nel nome di una richiesta di indipendenza dal giudizio altrui.


Dandy

giovedì 20 novembre 2008 § 0

Un’autocoscienza aristocratica e consapevole non è buona cosa: non permette nemmeno la patetica consolazione del vittimismo.
La logica ferrea, unitamente alle trascorse esperienze, ti dice che tutto passerà per tutti, prima o poi.
Il gretto utilitarismo ti suggerisce la sana idea che soffrire non serve. Soprattutto se non si è un artista e quindi non si può convogliare la sofferenza nei canali dell’intuizione estetica producendo sonetti, canzoni, quadri o similia.
Insomma, ci tocca da un lato il palese malessere dell’abbandono e del senso di finitezza, dall’altro la certezza che ogni cosa, compreso il malessere, ha un suo limite nel tempo e nello spazio.
Nella contraddizione non v’è sintesi che non sia artificiosa. Di conseguenza non resta che farsi artisti, creare e vendere, spacciando il tutto per naturalistiche trance de vie.
La sofferenza si è sempre smerciata bene.
Ogni cosa è un prodotto. La differenza la fa la pubblicità.


Crux et Verbum

mercoledì 19 novembre 2008 § 0

La religione è un cruciverba con la soluzione a fondo pagina. Nei momenti di difficoltà, trovare una risposta è semplice.
Certo, il piú delle volte conciliare l’immanente con il trascendente è cosa non facile. Ma la speranza che nutre la maggior parte delle religioni fa sí che la sintesi fra i due sia comunque un male accettabile.
Avere fede non vuol certo dire, in alcuni casi, non porsi domande. Cosí come credere nell’aldilà non necessariamente comporta un rifiuto dell’aldiqua. Ma è incontestabile il fatto che di fronte all’assenza di una risposta concreta e secolare, un fine ultimo comunque lo si trovi.
Quel fine che pone un obiettivo nell’oltre, un qualcosa di ulteriore e di eterno e non-finito, è solo la volontà dell’uomo che si ostina a non accettare che il fine e la fine coincidano inesorabilmente.
È il senso che tutti cercano di dare ad una vita che non si accetti termini nel nulla.
Da questo punto di vista, la religione è di una noia mortale.


Partita doppia

venerdì 31 ottobre 2008 § 0

L’uomo vive costantemente nella tensione fra ciò che desidera e ciò che riesce ad ottenere.
Il risultato il piú delle volte non è un compromesso quanto un cedimento.
Si cede all’inevitabilità delle situazioni, dell’ostacolo insormontabile.
Credere in qualcosa vuol forse dire combattere per quel qualcosa, ma non sempre vuol dire obbedire.
In tal caso, nel caso di una indefessa volontà di obbedire, si rischierebbe solo una stupida quanto sterile coerenza, che urterebbe con una realtà posta a disconoscimento delle proprie convinzioni.
Spesso un’onorevole ritirata è piú augurabile di una battaglia senza scampo.


Proporzioni

giovedì 23 ottobre 2008 § 0

Libertà e responsabilità vivono di un rapporto inversamente proporzionale.
Un tempo, al minimo grado di libertà corrispondeva il massimo grado di responsabilità.
Oggi, al massimo grado di libertà corrisponde il minimo grado di responsabilità.
E quindi il piú delle volte una scelta si compie senza intenzione alcuna di assumersene tutte le conseguenze e con la balsamica consolazione del «poter tornare sui propri passi».
Per gli uomini [post]moderni, essere liberi vuol dire semplicemente esercitare il proprio diritto di revoca.


Ultim’ora

mercoledì 22 ottobre 2008 § 0

Tra i mali che ci affliggono c’è la certezza di sapere che mai si approderà ad un luogo di pace e riposo. Se «la verità non è possesso bensí ricerca», il destino ci obbliga a un terreno vagare fino all’ultima ora. Che giungerà nella consapevolezza unica di non essere nulla, di non contare nulla, di non avere nulla da chiedere.
Eppure è quest’ansia di sapere, che vive già del suo mortifero fallimento, a rendere l’esistere meno vano, a far sí che, se non si sveli un senso, si dia forse un senso a quel che resta quando tutto è già trascorso.


Ovvietà

martedì 21 ottobre 2008 § 0

Tra le ovvietà più amabili e consolatorie in dotazione all’uomo quella del «Tutto passa» ha un che di vagamente idiota.
Certo. Tutto passa, è sempre così. Tutto cambia, muta, si trasforma. Niente è per sempre.
Ma dal momento in cui tutto si manifesta al momento in cui tutto passa trascorre un certo lasso di tempo in cui la semplice consolazione del «passerà» non ha diritto di asilo.
Insomma, l’ovvietà non aiuta la traversata. Appunto come trovarsi in un battello in piena tempesta. Fra il porto di partenza e quello di arrivo c’è tutto un mare in cui vomitare l’anima.
Considerato che l’uomo è un essere che pensa al futuro ma vive al presente, sapere che esista un approdo felice non cambia le cose.


Labor limae

lunedì 20 ottobre 2008 § 0

L’arte ha a che fare con il sentimento solo nell’attimo dell’intuizione.
In seguito, è pura costruzione formale che implica conoscenza, lavoro e fatica.
Chi crede che una manifestazione artistica sia semplicemente espressione genuina di un sentimento, o è un demente o uno sfaticato.


Candela

§ 1

Una menzogna ha sempre un senso.
È la verità che ne è priva.


Burp!

sabato 18 ottobre 2008 § 0

La volgarità non conosce forme, solo intenzioni.
Un gesto, un’azione, un artefatto non è mai volgare in sé, in quanto oggetto o espressione.
È volgare in quanto nasconde un’intenzione, essa sí volgare, tesa alla provocazione di specifici e delimitati sentimenti.
La famosa carezza di Saddam Hussein al bambino americano, ostaggio durante la prima guerra del golfo, per esempio, è ben più volgare di un rutto a tavola.


Grammatica antroporelazionale

§ 0

Nei rapporti umani, da un punto di vista sintattico, nessun uomo è una principale, se non per se stesso e, di conseguenza, ridondante e autoreferenziale.
Ogni essere umano, in relazione agli altri, è una subordinata che può assumere grado diverso a seconda della disposizione nel testo altrui. Si può essere allora una secondaria di primo grado, nel caso si dipenda direttamente dalla principale, di secondo grado nel caso non si dipenda direttamente dalla principale ma da una prima subordinata, e così via. La peggiore è essere un inciso fra parentesi, eliminato il quale non muta né il senso né la correttezza dell’intero testo. L’ambizione di molti è di giungere all’indipendenza di un verbo impersonale.
Essere autosufficienti e non dipendenti da alcun legame con l’esterno. In un certo senso, equivarrebbe essere come Dio.
Ecco, un verbo impersonale è il Dio della grammatica.